4.6.15




Esterno giorno
Ferrovia desolata immersa nel giallo della sabbia e dei campi di grano, nel verde insaturo degli ulivi e nel marrone di una terra arida che avrebbe bisogno di essere smossa più spesso.
Silenzio assoluto arricchito dalle cicale in frenesia che si godono il sole di un’estate non ancora iniziata e non si risparmiano per un inverno di cui non sono sicure.

Interno giorno, stessa ora, intercity 603, carrozza numero 3
Quattro persone in viaggio. Il silenzio della terra che stanno attraversando li circonda, ma loro non lo sanno, e corrono il rischio di non considerarlo affatto. Mimetizzato tra i passeggeri che si specchiano nelle fotocamere dei loro telefonini intelligenti o che nutrono cani minuscoli direttamente dalle scatolette puzzolenti, con gli occhiali, le cuffiette e una maglietta che riporta una piccola scritta che vorrei fosse il mio mantra per i prossimi 30 giorni, ci sono io.
Freak di Bersani, Something for you dei Simply Red, Queen Jane approximately di Dylan, mentre il treno fa fatica a proseguire per più di 20 minuti consecutivi.
Una mamma stamattina ha salutato il suo bambino straordinariamente bello di neanche 2 anni per almeno due settimane, ed è la prima volta che succedeva. In questo momento si sta commuovendo senza renderlo evidente, perché lo rivede nel viso di una bambina che la fissa e accenna un saluto, mentre viene imboccata dalla sua, di mamma, che indossa una maglietta dello stesso colore dell’elemento che mi circonderà per il prossimo mese.
Nelle mie orecchie ora ci sono dei violini delicati, un basso potente, una batteria che ha lo stesso ritmo del cuore e un testo che sembra parlare proprio a me.

Sono arrivato a Bari, in ritardo.