26.11.15


Alle 8 di stasera sono entrato in macchina per tornare a casa ma non ho acceso subito i fari. Ho voluto rimanere lì fermo, nel parcheggio, al buio, per guardare i riflessi e le strane forme che alcune luci lontane stavano creando sul mio vetro appannato. Ho cercato di scattare una fotografia, ma era troppo buio. Ultimamente è sempre così, ed è ancora più forte ora che lo sto chiaramente mettendo nero su bianco, come se ce ne fosse bisogno, come se ancora non si fosse capito, che tanto a scappare nessuno è mai durato a lungo.
Fino ad un'ora fa è stato il compleanno del mio migliore amico che conosco da 22 anni e non sono neanche riuscito a parlare con lui come si deve.

In quello stesso momento, immerso nel buio reso blu dalle luci che arrivavano dal mare, mi è tornato in mente un pezzo di Ray che lessi tanto tempo fa (http://writeandroll.tumblr.com/post/64793708402/io-che-chiedo-a-banhoff-mi-racconti-di-venditti), una sorta di conversazione che lui fa con un suo grande amico. L'amicizia c'entra sempre, fa bene sempre, aiuta a tirare fuori quello che uno ha schiacciato dentro. Come lì per esempio, dove racconta quello che pensava quando a 6 anni aspettava in macchina la mamma e intanto ascoltava le canzoni di Venditti, immaginando tutti i suoi possibili futuri fatti di donne, barba, profumi, macchine e neve. Cose piccole, ma inarrivabili se ti entrano in testa a 6 anni. Mi sono ricordato quando da piccolo, da una cassetta con i titoli scritti a mano da mio padre per mia madre, lo ascoltavo anche io Venditti e imparavo a memoria le sue canzoni.
Cercavo quel pezzo per poterlo rileggere e mandarlo a lei, ma ho trovato anche questo, di pezzo (http://www.writeandrollsociety.com/considerazioni-di-uno-sconfitto3/), scritto da quel suo amico di prima. Viene ripreso quel concetto e viene definito potente, e se uno riesce ad immedesimarsi così tanto in ciò che voleva descrivere, vuol dire che potente lo è davvero.
Ma vengono riprese anche tante altre sensazioni da chi il proprio futuro lo sta già vivendo e mai si sarebbe immaginato fosse così.
Ci sono talmente tante cose lì dentro, per l'Andrea degli ultimi mesi in effetti c'è tutto. 
C'è una frase di Cohen (sì, Cohen, quello che scrisse una canzone per me speciale su una donna per lui e per me speciale che viveva in una casa vicino ad un fiume) sulla fine delle cose da coltivare. C'è una frase di Thorimbert sulla luce (sì, la luce, tutto quello che voglio da un pò di tempo a questa parte ma che non riesco ad avere e allora è anche giusto che smetta) da considerare e da sperare. C'è una frase sul natale, metafora per parlare dei significati e di come ognuno poi ne prenda quelli che vuole e che contano di più. C'è una frase sulla felicità e un'altra sulla vita che si gioca sulla lunga distanza.
Ma c'è tanto, forse troppo per leggerlo e capirlo in una sola volta, di più.

Tra 2 ore ho la sveglia, torno a Roma per un'emergenza. Forse in macchina mi metto a urlare sotto il segno dei pesci con tutta la voce che ho.